La fiction “Storia di una famiglia perbene”, in onda dal 3 novembre ogni mercoledì, in prima serata su Canale 5, ha conquistato milioni di telespettatori ma sollevato anche alcune critiche.
Liberamente ispirato a un romanzo di una scrittrice barese, è ambientata in Puglia, in una “Bari” inventata, in quanto le riprese sono state fatte in più luoghi tra cui Monopoli, Polignano, Conversano, Ostuni e Fasano, racconta la vita di due ragazzini che vogliono fuggire da quella realtà e realizzare i propri sogni.
Tutta la trama ruota sui contrasti tra le famiglie dei protagonisti: una famiglia di pescatori e una di contrabbandieri di sigarette e droga.
Molte scene si concentrano sulle attività di questi contrabbandieri, sui loro traffici con l’Albania e sulle ritorsioni verso coloro che “non obbediscono”. Il tutto “colorito” da terminologie e parolacce, tipici intercalari del dialetto barese.
Dopo l’intervista a firma di Rossana Ricci, all’attore tarantino Pierfrancesco Nacca e l’articolo sugli altri attori tarantini Vito Mancini e Kevin Magrì, abbiamo voluto capire qualcosa in più su questa bellissima e seguitissima fiction, parlando con il regista Stefano Reali.
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente grazie al contatto con un nostro affezionato lettore, cittadino di Montemesola dove ha sede la nostra redazione.
Stefano Reali, ha raccontato in esclusiva a Tarantini Time, l’impronta di questa bellissima storia, una favola moderna che – come ogni fiaba che si rispetti – racconta una storia di fantasia resa però credibile da dettagli che raccontano la realtà dei luoghi e delle persone.
La Puglia, per Stefano Reali, non è meta nuova.
«Quello in Puglia per me è stato un ritorno – ci racconta Reali – si tratta di una realtà che già conoscevo e che considero una delle regioni più belle d’Italia, dove trovi davvero di tutto anche a distanza di pochi chilometri. Il mio lavoro lo svolgo con rigore e cerco di raccontare al meglio possibile un mondo: ma la Puglia non è solo un mondo. Sono tanti mondi, tanti dialetti, tante usanze diverse».
Reali qui in Puglia ha già lavorato. Negli anni Novanta è giunto nella nostra regione con l’intenzione di realizzare un documentario, ma da quel progetto iniziale è poi nato un vero e proprio film dal titolo “Il tramite”.
«E’ stato girato un po’ in tutta la Puglia, compresa larga parte del Salento. Raccontava storie di criminalità pugliese. Temi piuttosto scottanti, motivi per i quali il film in Italia è stato censurato e non è mai uscito».
Di contro però, ha vinto diversi festival all’estero ed è stato distribuito negli Stati Uniti.
«Non comprendo la polemica per il dialetto e le parolacce nella fiction storia di una famiglia perbene – dice Reali – a dire il vero, mi aspettavo critiche per aver mischiato Monopoli con Bari, ma non per questo, anche perché se proprio vogliamo dirla tutta, in certi ambienti parlano anche peggio, noi abbiamo molto edulcorato i dialoghi. I contrabbandieri di droga e sigarette non usano di certo un linguaggio da collegio femminile. Volevo rendere questa favola moderna credibile. Usare il turpiloquio restituisce una verità, una credibilità. E nella realtà, quel tipo di persone parla così. Non trovo strano ciò che ho fatto».
Eppure, nonostante le poche critiche, la storia di Michele e Maria ha avuto un grande successo.
«Io spero sempre che i miei lavori piacciano, anche perché dietro ci sono anni e anni d’impegno. L’insuccesso sarebbe un grave problema, significherebbe aver buttato via diversi anni».
A Stefano Reali piacevano i sentimenti di questa storia.
«La ratio di questo film ruota intorno alla voglia che hanno questi giovani di essere sé stessi e sfuggire a un sistema che impone loro come vivere. Loro vogliono liberarsi da questa gabbia ed emanciparsi. Allora come oggi, tutti i giovani sognano una vita diversa. È una condizione propria della gioventù. E sempre allora come oggi, alcuni sognano e basta, altri sognano e lottano contro tutti e tutti per realizzarsi».