La Settimana Maggiore, come amano definirla i confratelli, ovvero la Settimana Santa è davvero incomparabile per le emozioni, appassionante per la storica tradizione. Unisce più generazioni che si sono dedicate e continuano a partecipare, con dedizione e profonda fede, alle funzioni. Esse cominciano con la Via Crucis, che si svolge, tutte le domeniche di Quaresima, nella Chiesa Madre Santa Maria La Nova.
E’ la “Troccola” a definire, con il suo scandito rumoreggiare, l’inizio della Via Crucis.
La Troccola (termine onomatopeico che ne indica il suono prodotto quando viene agitata) è detta anche
“tabella” o “registro” perché regola l’andatura del corteo. Si tratta di uno strumento di legno, lungo circa un metro con sei “maniglie” fatte in metallo.
Il Troccolante agitando la troccola fa sì che le maniglie metalliche, battendo sul corpo in legno, producano un suono caratteristico, mentre deve tenerla ben stretta sotto il braccio per evitare che generi alcun rumore.
La troccola sostituisce il campanello processionale, il cui uso, durante queste funzioni e tranne che per l’apertura della gara e per la Domenica della Palme, è proibito.
Durante la Via Crucis, il troccolante procede “nazzicando“, dondolandosi lentamente da destra a sinistra a piccoli passi a ritmo delle musiche della banda musicale. A seguire ci sono le coppie di Confratelli incap-pucciati, dette Poste, che procedono alla stessa andatura con in mano il “Bordone o mazza”. Segue un Confratello che porta la Croce dei Misteri, sulla quale sono rappresentati tutti i simboli della Passione di Cristo, mentre a chiudere la Processione è il Sacerdote che presiede la funzione e medita ogni stazione della Via Crucis.
Dopo le cinque Domeniche Quaresima, il Venerdì di Passione, nell’Oratorio dell’Arciconfraternita, viene svolta la funzione dei Sette Dolori di Maria Santissima Addolorata.
Durante la Domenica delle Palme, la mattina c’è la Processione per la benedizione delle palme, mentre il pomeriggio, come ogni anno “ab-antiquo”, si svolge la gara per l’aggiudicazione dei simboli e delle statue della Processione del Venerdì Santo, licitazione che tutti i Confratelli, organizzati in gruppi, in particolare i più giovani, attendono con ansia, con la speranza di potersi aggiudicare un simbolo o una statua da portare con devozione durante la Processione.
Il Lunedì Santo, in Chiesa Madre, dopo la Santa Messa si svolge un’altra funzione importante, ovvero la Meditazione delle Parole di Cristo in Croce con una corale partecipazione di fedeli.
Il Mercoledì Santo è segnato dalla preparazione spirituale dei Confratelli e delle Consorelle.
La Confraternita cura poi l’appuntamento del Giovedì Santo, giorno in cui c’è il Pellegrinaggio dei
“Perduni“. Coppie di Confratelli scalzi ed incappucciati, in segno di penitenza, nazzicando, si recano, dalla Chiesa del Purgatorio, sede della Venerabile Arciconfraternita, alla Chiesa Madre, per adorare Gesù Eucarestia. Si tratta di una funzione assai antica, ereditata dai Monaci Carmelitani che ogni anno devotamente lasciavano il Monastero e, percorrendo il monte Palestinese, giungevano fino al luogo dove era stato deposto Gesù, pregavano e meditavano la Passione di Cristo.
In seguito, intorno al 1235, a causa delle incursioni Saracene, i Monaci, giunti in Europa e impossibilitati a raggiungere la Palestina, dovettero accontentarsi, dopo aver chiesto ed ottenuto il permesso dalla Chiesa, di adorare Gesù Eucarestia nelle rispettive sedi il Giovedì Santo, giorno in cui si ricorda l’istituzione da parte del Signore dell’Eucarestia.
Tale privilegio fu acquisito e custodito gelosamente dalle Confraternite Carmelitane, riconosciuto pure da Ferdinando IV di Borbone con il Regio assenso alle regole della Confraternita nel 1776.
Trascorsi questi giorni, finalmente è il tempo della funzione più affascinante e misteriosa, la Processione del Venerdì Santo.
I Vangeli narrano che, intorno alle ore 15.00 (all’ora nona), Nostro Signore spirò sulla Croce.
E’ a quell’ora che nel cuore del paese, nella centralissima Piazza Castello, il portone dell’antica sede dell’ Arciconfraternita del Purgatorio si apre e lascia uscire il primo Confratello che, a volto coperto e piedi nudi, con il bordone in una mano e la troccola nell’altra varca quella soglia.
L’emozione che si prova il quel solenne momento è indescrivibile.
La commozione prende il sopravvento ed aleggia un senso di costernazione profonda, infinita. Il crepitio nudo, assordante, violento della troccola, scossa dall’incappucciato a piedi nudi, in un silenzio quasi opprimente, apre la via alla processione più lenta e coinvolgente che si possa vedere in Puglia.
Seguono le note eseguite da uno dei due complessi bandistici.
La Banda, assieme alla troccola è uno degli elementi che scandisce ritmicamente i tempi della Processione. Le Marce Funebri, alcune scritte appositamente per la Settimana Santa, aiutano i confratelli ed i fedeli a meditare sulla Passione e Morte di Cristo. Il troccolante, che segue solo le disposizioni del Priore una figura fondamentale, giacché regola l’andamento della Processione.
Terminata l’esecuzione della marcia iniziale, egli scende i tre gradini della Chiesa ed ecco affacciarsi al portone il Gonfalone nero dell’Arciconfraternita.
Quest’ultimo ha la forma di una vela con al centro una tela tonda su cui sono dipinti a mano la Madonna del Carmine e le anime del Purgatorio, è un simbolo tipico medievale tipico delle corporazioni.
Seguono la Croce dei Misteri e le Statue dei Misteri, le nuove. Di eccezionale bellezza ed inestimabile valore artistico, sono in legno, scolpite a mano da artisti della scuola napoletana, eccetto Gesù Crocifisso, che è di cartapesta, della scuola leccese. Tutte però hanno intensi occhi di cristallo.
Cristo all’Orto, Cristo alla Colonna, Ecce Homo e Cristo Cadente, furono realizzate dallo scultore Giuseppe Greco tra il 1834 ed il 1836, mentre la statua del Cristo Morto fu scolpita, ricavandola da un unico blocco di legno, dallo scultore napoletano Giuseppe Pagano nel 1699.
Di autore ignoto è invece la lignea statua della Vergine Santissima Addolorata, inventariata nei registri dei beni mobili dell’Arciconfraternita fin dai primi del ‘700. La prima statua ad uscire, nazzicando, dall’Arciconfraternita è Cristo nell’Orto degli Ulivi. C’è sangue sul suo volto al posto del sudore, segno evidente della penitenza che presto dovrà patire.
E così, Cristo, in preghiera nell’Orto del Getsemani, viene confortato dall’apparizione dell’Angelo mandato da Dio.
Si affaccia poi sul sagrato la statua di Cristo alla Colonna, flagellato dopo il suo arresto e riportato dinanzi a Pilato.
La statua successiva è Ecce Homo, espressione latina che significa “Ecco I’Vomo” e ricorda Cristo presentato alla folla con la corona di spine sulla fronte, una canna in mano e il mantello porpora. Così vollero indicarlo come Re, prendendosi gioco di lui.
L’uscita della Processione prosegue con Cristo Cadente.
Cosi viene rappresentata una delle tre cadute di Cristo, ormai stremato per la fatica nel trascinare il pesante legno della Croce, mentre percorre la via che porta al luogo detto Golgota o del Cranio, dove avvenne la Crocifissione.
Questo momento è rappresentato dal Crocifisso, una statua che si impone in tutta la sua bellezza agli occhi dei fedeli.
Vi è poi la Sacra Sindone, la nuda Croce cinta da un drappo bianco che reca evidenti fori dei chiodi. Essa rappresenta un altro momento importante della Passione di Cristo, quello in cui Gesù viene calato giù dalla Croce ed avvolto un lenzuolo comprato da Giuseppe d’Arimatea.
Poi tutti, in religioso silenzio, chinano il capo, si fanno il segno della croce ed attendono che sul sagrato si affacci la Statua di Cristo Morto.
Straordinariamente coinvolgente, Essa è scortata da due Carabinieri in Alta Uniforme e da quattro Cavalieri, posti d’onore questi, un tempo riservati ai nobili del paese, ora prerogativa dei fedeli che si distinguono particolarmente per opere buone nei confronti dell’Arciconfraternita e della Chiesa e la cui scelta è esclusiva del Priore del Sodalizio.
E poi, si presenta la Statua della Vergine Santissima Addolorata. Tristezza, dolore, amarezza, rassegnazione trapelano dai suoi occhi che cercano di afferrare il significato di tutto ciò che è accaduto a Suo Figlio.
Chiudono la Processione le Autorità Civili, la Banda e tantissimi fedeli.
Il crepuscolo e le musiche della banda fanno da cornice a statue e fedeli che cingono a compiere la loro missione evangelica entrando nella Chiesa Madre, ove, tra fede e tradizione, si rinnova la meditazione e la preghiera al cospetto di tutte le statue. Si spengono le luci, si scorgono solo le luci dei candelieri e si ode solo il crepitacolo della troccola e il canto popolare “Oh quanto amore”. Medesimo rituale si svolge per l’ingresso della Vergine Addolorata.
Poi, lentamente, si esce dalla Chiesa e con autentica e sincera devozione si riprende la Processione per le vie del paese.
Sono all’incirca le 7 del mattino quando il troccolante è di nuovo nei pressi dell’Arciconfraternita, per farvi rientro.
A chiudere i Riti della Settimana Santa la “Bussata” finale, il Troccolante giunge sul sagrato della Chiesa del Purgatorio alza il bordone e colpisce per tre volte il portone principale della chiesa. Il rimbombo è l’unico suono udibile in una piazza gremita di gente che osserva le ultime fasi di questo affascinante rito. Il Troccolante entra, saluta cerimoniosamente l’altare della Vergine del Carmine e baciando la Troccola la cede al Priore, decretando la fine del pellegrinaggio e dunque dei Sacri Riti della Settimana Santa.
LA STORIA DELL’ARCICONFRATERNITA
La Chiesa del Purgatorio risulta eretta nell’anno 1671, com’è indicato sulla pietra dell’altare intitolato alla Vergine del Carmine con le anime del Purgatorio, mentre la Venerabile Confraternita del Purgatorio fondata sotto il titolo della Ss.ma Vergine Maria del Monte Carmelo, muove i suoi primi passi ancora prima della data di fondazione ufficiale.
Monsignor Francesco Pignatelli, infatti, nel visitare il casale di Pulsano nel 1684 annota che nella Chiesa Matrice esiste un Altare del SS.mo Crocifisso la cui custodia era affidata alla Confraternita del Purgatorio, anche se la data dello statuto di fondazione è del Marzo del 1687.
In questo prezioso documento, ancora conservato negli archivi storici della Confraternita, i ventinove firmatari scrivono:
“J.M.J. Per l’Onore e la Gloria della SS.ma Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo unico Dio e della SS.ma Vergine Maria del Monte Carmelo Protettrice nostra e di tutta la Corte del Cielo, ogni iscritto a queste regole si sottomette.”
E con questa dedica alla Sacra Famiglia e alla SS.ma Trinità e sotto la protezione della Vergine del Carmine che iniziano le regole di fondazione della costituente Confraternita del Purgatorio, già chiamata “delle
Anime Sante” per cui ogni firmatario promette obbedienza.
A firmarne la costituzione, tra nomi noti e personaggi nobili pulsanesi, figurando anche il primo cittadino del tempo, ci furono anche quattro novizi, fatto alquanto insolito se si considera che in quel momento si costituisce il sodalizio. Questo dato invece caldeggia l’ipotesi che la Confraternita “delle Anime Sante (del
Purgatorio)” operava già prima della fondazione, proprio come Mons. Pignatelli annota.
Alla costituzione ufficiale contribuì fattivamente l’opera del Sac. Domenico Isaia, primo Padre Spirituale ed Economo Curato del capitolo parrocchiale. Ma è con Don Francesco Pignataro, Arciprete eletto Padre Spirituale nel 1741, che la Confraternita vive i primi momenti di splendore. Si deve a lui infatti la promulgazione del nuovo Statuto con regole riviste e accresciute, in cui si sottolineano i fini principali del Sodalizio
“pietà, carità e incremento del culto” principi che ancora oggi sono vivi nella vita dei confratelli; si parla inoltre per la prima volta in uno statuto della Processione dei Misteri, al capitolo VI infatti si legge:
“… essendo anche il fine di questa impresa, in contemplare li Sacri misteri della morte e passione di Nostro Signore Gesù Cristo, s’ordina ed espressamente si comanda a questa compagnia di svolgere la Processione degli augusti misteri della morte di N.S. acciocché si congiunga il mezzo al fine”.
Nasce quindi nel 1741 l’obbligo per la Venerabile Confraternita di curare i Sacri Riti della Settimana Santa, compito che ancora oggi svolge con forte richiamo di fedeli da ogni parte della provincia jonica.
Nel 2013, la Confraternita riceve da sua eccellenza mons. Filippo Santoro il titolo di elevazione a Venerabile Arciconfraternita.
Tutto l’anno l’Arciconfraternita, rispettando le regole imposte dallo statuto di fondazione, è impegnata, oltre che nell’organizzazione dei riti della settimana santa e dei festeggiamenti in onore della Madonna del Carmine, anche in atti caritatevoli e di benevolenza verso le famiglie piu bisognose del paese.