“Ci eravamo illusi che la nuova era Acelor Mittal fosse per il siderurgico, ma più in generale per la città di Taranto, una nuova rinascita. Invece, ci ritroviamo a rivivere attese, speranze e dolori ai quali l’ex Ilva ci aveva abituato negli ultimi anni.
In questi giorni ho seguito a distanza i vertici fra il ministro allo Sviluppo, Luigi Di Maio, e i manager dell’azienda: hanno parlato e sono convinto che continueranno a farlo di immunità penale, di cassintegrazione e di sicurezza o meglio della poca sicurezza. Ma nessuna parola è stata detta sui lavoratori dell’indotto, centinaia e centinaia di persone, vale a dire famiglie tarantine, che rischiano di ritrovarsi senza lavoro da un giorno all’altro.
La sensazione è che Acelor Mittal, coscientemente ma senza dirlo, abbia deciso di non avvalersi più di questa manodopera, magari per impiegare personale di altre aziende, magari del Nord, o peggio abbia deciso di lasciar morire lentamente il siderurgico. Una lenta agonia che si trascinerà per mesi e mesi per poi far ricadere la responsabilità della chiusura dell’azienda su altri. Si faccia chiarezza subito, Taranto non meritava il trattamento che le aveva riservato la famiglia Riva e non merita quello dei nuovi gestori, Taranto merita rispetto”.