Un tempo rappresentava un angolo caratteristico della Città vecchia, “abba’sce a’ Marine”: oggi non c’è più. E fa davvero male per quanti sono legati alle tradizioni, all’economia del mare (pensiamo alla mitilicoltura in crisi) e per quel turismo che tutti invochiamo…
Sinceri: stavolta prendiamo spunto da un post su Facebook firmato da Nello De Gregorio, operatore culturale molto più che conosciuto, che specie a Taranto Vecchia dedica impegno, passione e soprattutto amore. De Gregorio ha ricordato un angolo caratteristico dell’Isola, appunto il mercatino del pesce, tanto bistrattato negli ultimi anni dagli amministratori locali al punto da sancirne la scomparsa.
Già, perchè quel mercato “abba’sce a’ Marine”, proprio come ricorda De Gregorio (siamo sicuri non ce ne vorrà per ‘averlo sfruttato’!), “dopo lungo peregrinare” e provvisoriamente trasferito in piazzetta Sant’Egidio, aspettava da tempo “una collocazione definitiva lungo via Garibaldi”. Una via, quest’ultima, che subirà in un futuro prossimo cambiamenti radicali per il passaggio dei bus rapidi (BRT). Insomma, quella piccola economia di mare, fatta di operatori che campano con il mercatino del pesce, maltrattata anzichè aiutata e sostenuta, rischia di sparire definitivamente, visto e considerato che da anni l’Ente civico non ha mai pensato a una diversa collocazione, offrendo spazi adeguati e gestibili come Dio comanda.
E dire che in altre città certi angoli vengono non soltanto sostenuti ma addirittura mostrati come tradizioni da difendere, una vera e propria attrazione per i turisti, oltre ad essere fonte di guadagno per tante famiglie.
Ricorda ancora De Gregorio che un grande scrittore e giornalista come Guido Piovene, nel 1957, nel suo reportage ‘Viaggio in Italia’, scriveva: “Ma il meglio della vita di Taranto vecchia è all’aperto, sulla banchina, fra le muraglia delle case e il Mar Piccolo. E’ uno dei posti più vivaci dell’Italia del Sud, e non saprei trovarne di paragonabili: sembra illustrare una novella orientale, di quelle dove i pesci parlano e spuntano anelli preziosi. Forse perchè la merce si espone e si vende con i vecchi metodi, vi è qui una vera commistione del porto, la gente che grida e i fondi marini. Questo porticciolo orientale, questa popolazione di pesci e molluschi, è uno dei migliori ricordi italiani; è così nell’insieme il ricordo di Taranto, città tersa e lieve, che passeggiandovi sembra di respirare a tempo di musica”.
Che aggiungere, ancora? Che l’economia del mare è tenuta ai margini da chi s’ammanta di conoscere i problemi della città (a parte pochi e sinceri sostenitori). Che non sono soltanto la crisi dello stabilimento siderurgico (e i suoi devastanti effetti collaterali) o l’esistenza di un porto commerciale senza traffici se non di natura differente, o ancora la massiccia presenza degli insediamenti militari che hanno precluso e tuttora precludono larga parte della zona costiera cittadina.
No, perchè aiutare e difendere l’economia del mare vuol dire sostenere migliaia di lavoratori (pensate ai mitilicoltori), oltre che conservare tradizioni millenarie. Tradizioni che si trasformano in attrattività per quel turismo che tutti invocano ma su cui forse in pochi credono davvero. Inutile star qui a ricordare come le bonifiche in Mar Piccolo, il recuperare quei tratti costieri ancora utili, sostenere le attività come pesca e mitilicoltura e tutti quei percorsi che riguardano una risorsa immensa come il mare, significherebbe davvero costruire una fetta importante dell’economia alternativa inseguita da tempo. Magari, si può partire proprio dal… mercato del pesce!
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