“Volete l’area a caldo spenta? Ragioniamo”: sarebbe questa la dichiarazione del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso emersa dal confronto, nei giorni scorsi, con gli Enti locali. Una apertura che strizza l’occhio ai tanti che proprio nell’area a caldo dello stabilimento siderurgico vedono il demone. Ma anche un modo, soprattutto, di mettere sotto pressione le istituzioni territoriali sui piani studiati affinché l’ex Ilva possa, in un futuro non proprio vicino e assai futuribile in sostanza, trasformarsi in un impianto ‘pulito’, decarbonizzato e che operi senza danneggiare i cittadini e, ovviamente, l’ambiente. Il tutto riducendo al minimo le ricadute negative sull’occupazione.
Insomma, è come se il ministro Urso avesse detto: “O accettate l’accordo di programma, oppure se volete chiudiamo l’area a caldo”. Con tutte le conseguenze possibili.
Agli inizi di luglio, a Bari, il presidente della Regione, Michele Emiliano, incontrerà i Comuni interessati. Nel frattempo, i sindacati insorgono perché ritengono che scelte difficili e complicate potrebbero ulteriormente danneggiare il tessuto sociale del territorio. Insomma, l’eterno dilemma “coniugare ambiente-salute-lavoro” resta sul tavolo oramai da oltre un decennio e nessun governo da allora ha risolto la matassa.
Che aggiungere? Poco. Il ‘gigante d’acciaio’ scricchiola pericolosamente e sostenerlo sta diventando maledettamente complicato. Lo Stato continua a foraggiare sognando la soluzione, i sindacati premono affinchè i lavoratori non vengano penalizzati più di quanto lo siano già ora, le aziende dell’indotto chiedono di porre fine alle loro sofferenze, i cittadini sono scoraggiati, gli Enti locali non sanno cosa fare. In attesa delle decisioni nelle aule giudiziarie, specie quelle del Tribunale di Milano che, proprio l’area a caldo, potrebbe imporre di chiudere.
Ci mancava pure la provocazione del Ministro. Ma quanto male ha fatto questa città per meritarsi tutto questo? E’ davvero troppo chiedere di smetterla con questo gioco perverso? E’ chiedere molto vivere meglio in una città in cui i guasti all’ambiente (e alle persone) sono stati e restano enormi? Sarà mai veramente risarcita Taranto?
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