La riapertura della splendida area archeologica di via Marche è una buona notizia. Non c’è dubbio. Perché restituisce al pubblico uno dei siti più belli e interessanti della città. E perché, diciamola tutta, offre una speranza a quanti – e sono tanti – credono che la Storia ultra millenaria di Taranto sia ancora poco conosciuta, ben poco valorizzata e che invece rappresenta un cardine fondamentale per un futuro differente.
Sì, sono parole sentite fin troppo spesso in questi anni, anzi negli ultimi decenni: eppure, finora hanno fatto poca breccia. Tante promesse, pochi fatti. E nel senso, sia chiaro, di tracciare un percorso omogeno e lungimirante affinché Taranto possa rappresentare con continuità una méta turistica importante, che vada a integrarsi con presidi culturali come il Museo Archeologico e il Castello Aragonese.
Una visione complessiva significa supportare con costanza le associazioni che operano da anni in questo senso. Vuol dire “resuscitare” aree abbandonate come il Parco archeologico delle Mura greche, oppure i resti di via Emilia così come quelli in viale Virgilio. Oppure ancora sfruttare meglio l’area di Collepasso, le varie tombe a camera sparse in città, la Cripta del Redentore, la domus romana in via Nitti. E come dimenticare l’area in zona Croce, oppure la fornace seppellita in piazza Marconi o addirittura i resti coperti ai piedi delle Colonne Doriche?
Ecco, avere una visione significa anche questo (il recupero riguarderebbe anche presenze come gli ipogei e altro ancora, giusto per capirci), in una specie di ripartenza dalle fondamenta storiche della città. Seminare fra i cittadini ed espandere oltre le Cheradi non è una impresa da poco: c’è bisogno di tutti, dalle Istituzioni alle associazioni, dagli intellettuali alle scuole, ad esempio. Ma non solo: anche le forze imprenditoriali e sociali del territorio sono attori che potrebbero contribuire notevolmente in quello che dovrebbe diventare il vero cambiamento per la città.
Non portiamola alle lunghe, per carità: l’argomento è noto e arcinoto. Sarebbe bello, un giorno, parlare di una organizzazione complessiva – per quanto faticosa – capace di mettere attorno a un tavolo tutti coloro che credono nella valorizzazione della Storia tarantina e programmare, ognuno per le proprie competenze. In parole povere, una vera e propria “cabina di regia” che studi le strategie e le trasformi in realtà, una cabina in cui tutti contribuiscano con idee e risorse, senza preclusioni, senza pregiudizi e senza bandiere se non quella di Taranto.
Un lavoro difficile, non c’è dubbio ma neanche troppo: in fondo, c’è bisogno solo di buona volontà.
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