Aria di Natale che spira da Santa Cecilia: dalle nostre parti, le festività come da tradizione s’inaugurano con pettole e luminarie, ben prima rispetto alle altre zone d’Italia. Insomma, si parte con la speranza di trascorrere un periodo di leggerezza e in famiglia, quasi a voler star lontani dalle paure che, purtroppo, i conflitti armati nel mondo diffondono. Già, perchè la guerra incute timore e mai come questa volta ne avvertiamo l’odore acre.
Intanto, però, c’è da fare i conti con una situazione socio-economica non proprio brillante. Qui il lento e progressivo rallentamento della capacità di spesa delle famiglie incide e non poco sulla qualità della vita in tutti i settori. Diciamola tutta: l’incertezza sul futuro risiede nella precarietà occupazionale dell’area tarantina, specialmente nella città capoluogo. Ex Ilva traballante, imprese correlate che scompaiono, dipendenti pubblici sempre più pensionati e rarissime nuove assunzioni e lavoro precario, oltre ad un alto tasso di disoccupazione, sono la facile fotografia di un territorio che stenta a invertire la rotta.
Le conseguenze ricadono in tutti i settori e, ovviamente, è facile immaginare quanto il calo dei consumi coinvolga in modo deciso. Si parla tanto, ad esempio, della crisi del commercio a 360°, specialmente per quello di prossimità e addirittura nei mercati rionali: da quanto tempo le associazioni di categoria stanno lanciando l’allarme? Facile pure immaginare come a reggere siano soprattutto supermercati e ipermercati e l’e-commerce, per una serie di motivi che vanno dalla comodità per i clienti alla vasta gamma di prodotti che offrono, spesso con scontistiche che il negozio di prossimità non può permettersi. A prescindere dalla qualità.
Certo, soluzioni dietro l’angolo non ce ne sono nel breve. Risollevare l’economia tarantina è impresa ardua e nè agevola la grande conflittualità politico-amministrativa che caratterizza questo angolo del Paese. Si può puntare sull’attrattività e il decoro urbano come chiedono i commercianti? Può darsi, perchè con una città e un territorio capaci di splendere, e con buone politiche di marketing territoriale si punterebbe su flussi turistici – e finalmente sulla destagionalizzazione – che aiuterebbero il saldo commerciale. Ma basta? Se si considera che in tre anni a Taranto hanno chiuso oltre 500 negozi, che persino i saldi estivi e le piccole imprese dei mercati rionali hanno fatto registrare picchi negativi, è chiaro che i problemi sono molto complicati.
Forse bisognerà studiare nuove strategie commerciali (microeventi, facilità per i parcheggi, prodotti unici e vendibili in date prestabilite, etc.), ma sicuramente molta concertazione tra amministrazioni locali e imprese affinchè i clienti possano tornare a utilizzare le vie dello shopping con maggior piacere e voglia. Chiaro che città economicamente e socialmente vivaci vanno accompagnate nel loro percorso di crescita. Ma qui, purtroppo, la politica latita…
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