La questione dell’Ilva di Taranto non è solo l’1,5% del PIL italiano. E’ anche motivo di sofferenza e di morte per tante persone di Taranto. Eppure si vuole salvare la fabbrica, si vogliono salvare le migliaia di posti di lavoro, diretti e indiretti! E’ giusto tenere insieme le ragioni della salute, del lavoro, dell’ambiente. Ma come farlo?
Possiamo cominciare a dare sostanza concreta alla parola “decarbonizzazione”? Si organizzi a Taranto una conferenza nazionale sulla decarbonizzazione. La promuova il Governo o lo faccia il PD. Si invitino tutti i soggetti istituzionali, sociali, produttivi interessati. Si invitino anzitutto gli esperti di piani industriali e finanziari. Quanto costa decarbonizzare? Quali risorse private, statali, comunitarie si possono mobilitare per la decarbonizzazione? Quanto tempo occorre? Quale produzione sarà possibile? Quale occupazione ipotizzabile?
Solo una prospettiva di radicale cambiamento può salvare l’Ilva, può (potrebbe!?) essere accettata dai tanti tarantini disillusi e preoccupati. Solo così si potrebbe gestire la fase di transizione, con i suoi inevitabili sacrifici e compromessi.
A tutto ciò, andrebbe aggiunto un serio Piano di riconversione produttiva ( sorretto da risorse finanziarie certe e immediatamente utilizzabili) : blue economy, economia digitale, rigenerazione urbana, cultura formazione e Beni culturali, turismo, agricoltura.
Senza una prospettiva fondata di radicale cambiamento, non c’è futuro per l’acciaio tarantino.
Giovanni Battafarano