Il fil rouge della comunità è stato alla base degli incontri con Roberto Ricchini, già allenatore della Nazionale femminile di basket e pluriscudettato con il Cras basket Taranto, e con Dino Amenduni di Proforma che hanno animato la seconda giornata della “Quattro giorni d’estate” organizzata dall’associazione “Le città che vogliamo”.
Introdotto da Angelo Fanelli, che ha sottolineato come il senso di comunità può essere paragonato al gioco di squadra necessario per raggiungere traguardi importanti, Roberto Ricchini ha fatto un excursus di quella che è stata l’ansia esperienza alla guidabile Cras basket Taranto, prima, e della Nazionale di basket femminile, dopo.
Come si allena, allora, una comunità? “Bisogna capire – ha esordito Ricchini – cosa si intende per squadra e come si gestisce una squadra. La squadra ha regole precise, è un gruppo di persone che non si pone il problema di abbandonare il proprio io in funzione del noi. La squadra risolve il problema di ogni giocatore, non il contrario. Ma alla base di tutto deve esserci comunicazione, condivisione, conoscenza del proprio ruolo, chiarezza degli obiettivi e mai puntare il dito contro chi sbaglia. Ma l’ingrediente più importante – ha concluso Ricchini – è la comunità con la sua capacità di accogliere, di far sentire tutti all’interno di una grande famiglia. Squadra e comunità devono essere la stessa cosa”.
Il difficile compito di comunicare in politica è stato, invece, alla base dell’intervento del dott. Dino Amenduni della società di comunicazione Proforma.
“Negli Stati uniti sta nascendo un fatto importante che ha preso spunto da un episodio di sangue. È nato un movimento politico guidato da due ragazze che hanno organizzato una marcia a Washington per chiedere una regolamentazione dell’uso e possesso di armi da fuoco. In un intervento pubblico – ha spiegato Amenduni – una delle leader, dopo aver parlato per un minuto, è rimasta in silenzio per 6 minuti, tanto il tempo di durata della strage proprio per dare il senso della lunghezza del momento. Tutto questo significa come i giovani abbiano la capacità di mobilitarsi. Se oggi la politica fatica a parlare con i giovani è perché non ne capisce le qualità, c’è scarsa convinzione che i giovani possano portare un valido contributo. Va ricreato un sistema fiduciario che è andato distrutto”.
Facebook, ha aggiunto Amenduni, è il quinto social più utilizzato negli Usa dagli under 20 che hanno una dieta mediatica diversa dalle generazioni predigitali. “In Italia – ha spiegato – un under 30 su due non si informa su organi di informazione cartacea. L’opinione pubblica, oggi, si è disgregata in tanti atomi e utilizza mezzi di comunicazione diversi tra loro ben sapendo che il mezzo televisivo non basta più. Vanno incrociati argomenti rilevanti e canali di informazione utili per raggiungere i destinatari. La capacità di mantenere fede alle proprie parole resta il tratto determinante”.
Altro aspetto rilevante è: quanto si intende spingere sulla comunicazione per vincere una competizione elettorale. “La recente esperienza del 4 marzo – ha detto Amenduni – lo dimostra. Gli andamenti del voto dimostrano come il risultato finale negativo è direttamente proporzionale alla erosione della credibilità del competitor. Questo significa che non è il momento di sparare nel mucchio. In politica le curve del consenso cambiano rapidamente perché dipendono dal consenso personale del leader. La comunicazione politica è in una fase di iperproduzione ma questo non vuol dire che funzioni. Nessuna strategia di comunicazione – ha poi concluso Amenduni – può nascondere una truffa e in politica questo è ancora più accentuato e non esistono più sistemi di comunicazione unisex. La coerenza tra la promessa e il risultato resta il fattore più importante”.
Lo studio portato avanti dal prof. Rino Montalbano, docente del Politecnico di Bari, e dagli studenti del Laboratorio di laurea specialistica sul futuro della città di Taranto ha concluso la serata. “Abbiamo lavorato – ha spiegato il prof. Montalbano, ospite del dibattito – ad una mappature dei sistemi ipogeici pubblici e privati per dimostrare come, in passato, gli stessi fossero interconnessi tra loro e come, oggi, tecnicamente è possibile rigenerare. La nostra – ha poi concluso il prof. Montalbano – è stata un’operazione silente allo scopo di portare alla luce un mondo nuovo e sconosciuto che può essere facilmente impiegato nel progetto rigenerativo della città perché diventa un luogo attraverso il quale generare attraversamenti urbani, attività creative e culturali diventando, di fatto, un motore culturale e turistico che non ha bisogno di grandi investimenti nè di radicali stravolgimenti della città vecchia. Taranto può essere culturalmente molto più di quello che vediamo”.
A Gugliemo Minervini e alla sua politica generativa sarà, infine, dedicata la serata finale, quella di sabato 21 luglio. Alle ore 18 Cristiano Simone, Paola Senese, Valentina Grossi e Giovanna Forte rifletteranno su “Prima di tutto la vita” mentre alle ore 20 gli scrittori Giorgia Lepore e Carlo Dilonardo parleranno di “Comunità inclusive”. Alle ore 21 entrerà in scena lo scrittore Gianrico Carofiglio il quale, prendendo spunto dal suo libro “Con i piedi nel fango”, converserà con il consigliere regionale Gianni Liviano su “Politica e verità”. Alle 22.30, infine, si aprirà il sipario sulla rappresentazione teatrale “I dieci: per non dimenticare” di Giovanni Guarino.