“Per l’USB l’indipendenza dai partiti politici è un elemento fondamentale ed è proprio in virtù di questa indipendenza che mettiamo al centro i lavoratori, i bisogni delle popolazioni e in questo caso il diritto alla salute e il diritto a non morire per i veleni dell’ILVA”, così Sergio Bellavita USB nazionale sulla questione Ilva e sulle ultime dichiarazioni del Ministro Calenda e di alcuni esponenti sindacali Confederali, sulla possibile chiusura dello stabilimento se dal Comune e dalla Regione non si fa un passo indietro per il ricorso al Tar. USB ha appoggiato il ricorso sulla tempistica di adeguamento ambientale presentato dal sindaco del comune di Taranto Rinaldo Melucci e dal Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. “Dopo anni di chiacchiere senza nessun atto concreto per l’ambientalizzazione dello stabilimento finalmente un’Istiuzione punta i piedi in difesa del territorio – prosegue Bellavita -. Da questo punto di vista è incomprensibile la posizione assunta da alcuni sindacati che pare più votata ai buoni rapporti con la Bellanova e il Ministro Calenda nell’ambito della gestione di tutte le vertenze a livello nazionale e ai buoni uffici col partito democratico e il Governo più che a un’analisi rigorosa di quanto sta accadendo. Se contestare un decreto per ottenere un’ambientalizzazione più rapida e un’innovazione del processo produttivo diventa elemento incompatibile sulla cessione del gruppo Ilva, questo la dice lunga sul livello di degenerazione di questo paese. Chi aggiunge fango ai veleni che già assalgono la città , si rende responsabile e complice delle scellerate minacce del Ministro Calenda di chiusura dello stabilimento”. “Il dato emerso dalle assemblee USB ha certificato a netta maggioranza che i lavoratori non accettano ricatti né diktat sulla questione salute – spiega Francesco Rizzo, coordinatore provinciale USB Taranto-. Se qualcuno confonde il livello di rappresentanza FIM -FIOM – UILM (84%) e quello USB (16%) con la reale volontà dei lavoratori (che hanno partecipato alle assemblee in 3.500), siamo pronti anche a fare un referendum. Magari poi scopriremo come Alitalia che il livello di rappresentanza non rappresenta sempre ciò che i lavoratori realmente vogliono”.