Non è un articolo sessista il mio, non è un inno alla Boldrini e alla nuova moda della presidentessa, o “la presidente”, o peggio ancora la sindachessa, che oltre a non potersi sentire, è di un ridicolo assurdo. Tutto nasce da una profonda riflessione che ho avuto modo di fare stasera, a Grottaglie, durante l’incontro delle democratiche. La serata conclusiva di tre giornate tenute in provincia, per parlare della situazione della donna in occasione dell’8 marzo. Quello che mi ha colpito è il discorso introduttivo, tenuto da una piccola donnina. Si chiama Francesca Di Marco e ha 7 anni. La piccola ha tenuto un discorso abbastanza interessante. Ha parlato di Dio, che secondo lei, deve essersi sbagliato quando ha assegnato i ruoli. L’uomo non è di più, non può di più. La donna non è una conseguenza dell’uomo. Uomo e donna sono alla pari e sono stati creati insieme. E poi la domanda della sua mamma: “Cosa vuoi fare da grande?” – e lei – “La giornalista”. Allora mi si è aperto un mondo. Chiedere oggi ad una bambina cosa vuol fare da grande, non lascia stupiti. Se una bambina oggi, desidera diventare un medico, una giornalista, un avvocato, un notaio, sa che con studio e sacrificio, lo diventerà. Vent’anni fa, quando mi chiedevano cosa vuoi fare da grande, ed io rispondevo “il soldato”, la controrisposta era “ma sei una femminuccia”.
Ecco, la donna ha compiuto un progresso nella società incredibile. Si è affermata, lavora, non è più la casalinga, madre e curatrice della famiglia. Oggi la donna fa quello che fanno gli uomini, ed una bambina che oggi dice che da grande vuol diventare soldato, non trova più il parente che le dice “ma sei una femminuccia”, a meno che non sia il nonno di 80 anni. Che poi soldato non sono diventata, e vabbè.
Parlare della condizione femminile, dei diritti, e tutto ciò che concerne l’argomento, è molto complesso e delicato. Spesso parlare di diritti della donna, comprende che dal sesso opposto vi siano dei doveri, e mi riferisco alle coppie separate con figli, e ai tanti mariti che soffrono perché le mogli mettono i figli contro i padri, pretendendo però da questi ultimi gli alimenti, quindi i doveri. Da questo colgo, secondo la mia modesta opinione, che parlare di diritti della donna, presuppone che si parli anche dei doveri della stessa. Ciò non giustifica gli atti di violenza contro le donne da parte degli uomini, anche se, sempre secondo il mio punto di vista, la violenza riguarda entrambi i sessi, e parlare di violenza di genere riguarda fattori meramente culturali. Ecco, il problema sta tutto nella cultura. E’ in quella che bisogna investire energie. Sempre stasera, in quel di Grottaglie, l’intervento di una giovane donna, vice sindaco di Faggiano. Lei stessa ha detto di essere stata la prima donna in quel comune ad aver ricoperto questo ruolo istituzionale. Ecco, nel 2015 secondo me, questa non è una cosa normale. Non è normale, che la prima donna a ricoprire questa carica sia arrivata nel 2015, quando la lotta per i diritti delle donne ha radici assai lontane. Nel 1945 fu sancito il suffragio universale, la donna acquisisce il diritto di voto, ed inizia in questo modo a prendere parte attivamente alla vita politica, per il semplice fatto che può esprimere una preferenza. dal 1945 al 2015 sono trascorsi 70 anni, e ancora si parla di comuni con il primo vice sindaco donna. E Montemesola? Analizziamo Montemesola. Non ha mai avuto né un sindaco né un vicesindaco donna, solo qualche assessore. Vorrei tanto sapere cosa ne pensano i cittadini. Perché la politica non è per le donne? Questo è un fattore culturale, lo ripeto. Per affermare la donna nella società, e parlo a livello locale, dove siamo ancora un po’ indietro, non occorre l’8 marzo. Occorre la cultura della parità. Capire che non esistono argomenti maschili, o femminili. La politica riguarda la società, la comunità, e la comunità è fatta da uomini e donne, sullo stesso piatto della bilancia.
Ecco, forse la piccola Francesca tra 20 anni non avrà questa difficoltà, ovvero quella di affermarsi in un luogo in cui la donna che fa politica è vista come un tabù, o l’amante di chissà chi per stare lì. Forse perché tra 20 anni la cultura sarà arrivata a toccare anche le viscere dell’Italia. Almeno questo è quello che si spera.