Ilva, il tempo delle parole a vuoto è scaduto: il Governo elimini l’immunità penale per i gestori dell’azienda e definisca l’intervento pubblico nella proprietà e nella gestione futura dell’Acciaieria di Taranto.
Oramai il Ministro Di Maio scrive all’Avvocatura di Stato per qualunque cosa, persino per decidere se sia legittimo sollevare dall’immunità penale nella gestione della Fabbrica, fino all’applicazione del Piano ambientale, anche la multinazionale indiana, così come previsto nel contratto di affidamento avviato dal precedente Governo. Vorremmo far presente al Ministro che l’Azione legislativa non è subordinata ad altri organi dello Stato, ma spetta al Parlamento italiano, la cui maggioranza rispecchia la composizione del Governo attuale. Come si può, anche solo pensare, di continuare ad escludere dalla perseguibilità penale i dirigenti di una multinazionale che dovrebbe gestire la più grande acciaieria d’Europa che è sotto la lente per l’inquinamento ambientale, con il relativo pregiudizio per la salute pubblica, e per gravissimi infortuni, anche mortali, che sono avvenuti diverse volte al suo interno. Siamo di fronte ad un atto di violazione della Costituzione italiana che non ha precedenti.
Oltre alla questione dell’immunità, rimangono senza risposta anche gli altri punti, non meno rilevanti, come il mantenimento di tutti i lavoratori in servizio (Mittal ne vuole licenziare 4000) e l’applicazione delle VIIAS, che prevedono la valutazione sanitaria all’interno dell’Autorizzazione Integrata Ambientale.
Il Governo continua a non dichiarare quale sia il suo Piano B e, soprattutto, non dice per niente cosa vorrebbe fare di diverso, rispetto a quanto stabilito da quello precedente, che proprio gli attuali governanti avevano enormemente criticato.
La soluzione, a nostro avviso, è molto chiara e consiste nel mettere in atto un deciso e rilevante intervento pubblico nell’acquisizione e nella gestione della Fabbrica. Tale provvedimento sarebbe ben motivato, vista la necessità di eseguire tutti gli Atti indispensabili per salvaguardare sia la salute pubblica e la produzione di un’azienda già definita, per Decreto, “di interesse strategico per lo Stato”. Il termine “Nazionalizzazione”, evidentemente, è indigesto anche ad una maggioranza politica che sventola ogni giorno la bandiera del “sovranismo”, in nome del quale giustifica continue dichiarazioni, a dir poco discutibili, sullo scenario internazionale.
Ci domandiamo allora perché, per passare ad una proposta pratica, il Governo non vuole prendere in considerazione l’ipotesi di fare per l’Ilva quanto è già stato fatto con Finmeccanica, e cioè rilevare, attraverso la cassa depositi e prestiti, la maggioranza delle quote societarie e destinare agli acquirenti privati la possibilità di acquisire, in concorrenza fra diversi, quelle restanti? In questo modo si manterrebbe la possibilità per più privati di partecipare, evitando anche procedure di infrazione da parte dell’UE, e si offrirebbero garanzie pubbliche sul raggiungimento degli obiettivi che la politica dichiara di voler ottenere, consentendo allo Stato di verificare e controllare tutte le fasi del percorso che farà l’azienda. Ci auguriamo che la battaglia per far prevalere l’interesse pubblico del Paese, rispetto a quello privato delle multinazionali e del mercato globale, entri a far parte degli Atti di questo Governo e non rimanga soltanto uno slogan usato durante la campagna elettorale.
Mino Borraccino